L'inconscio è uno dei temi più famosi e più dibattuti nella psicologia. Quando parliamo di inconscio cala un alone di mistero ed iniziamo a viaggiare con la fantasia, entriamo in un mondo un po' fatato, un po' spaventoso... tipo quello della Storia Infinita (si, faccio un'autocitazione, leggilo!).
Ma da cosa è dovuto questo timore reverenziale, quando immaginiamo l'inconscio?
In questo articolo ti proporrò una lettura molto semplice, ma spero sufficientemente esaustiva, di ciò che classicamente intendiamo per inconscio in psicologia. Voglio chiarire il fatto che, da Cognitivista, non posseggo nella mia corrente di pensiero un concetto strutturato di inconscio, perciò riprenderò tutto dalla psicodinamica.
Partiamo dalla base: qual è il significato di "inconscio"?
Nella comunicazione di massa e nel linguaggio comune la parola inconscio è inflazionata quasi come quella di “empatia” o di “resilienza”.
In realtà, mentre quest'ultimo aspetto, a mio parere, non ha una grandissima solidità sul piano scientifico, tantomeno su quello intellettuale, quello dell'inconscio è uno dei temi più interessanti e che ci pone a fare riflessioni non tanto sul rapporto con l'altro (come l'empatia) ma sul rapporto tra me e me stesso. Interessantissimo.
Partiamo quindi dal linguaggio comune.
“... non è colpa mia, l'ho fatto inconsciamente!”
o alla Livornese.
“dé scusa non te l'ho mica detto apposta, te l'ho detto inconsciamente!”
Il senso comune, per quanto porti ad utilizzare questa parola in modo assolutamente improprio in termini di significato, ci può portare a riflettere su alcuni aspetti di senso che sono propri della concezione dell'inconscio.
In molti casi, quando usiamo impropriamente la parola “inconsciamente” comunque la utilizziamo riferendoci ad un rapporto tra me e me stesso, che poi mette in secondo piano il rapporto col mondo esterno.
Il senso di una frase come quelle sopracitate, che immagino siano estremamente comuni, più o meno suonerebbe così:
“ci sono alcune parti di me che agiscono al di fuori della mia volontà, ergo non ho la responsabilità di tutte le mie azioni”
Questo, che si tratti o meno di un qualcosa di effettivamente involontario ci pone innanzi al vero significato di inconscio.
Possiamo infatti definire inconscio tutto ciò che esula dalla nostra conoscenza di noi stessi. Ovvero tutto ciò che è imperscrutabile ai nostri atti conoscitivi, quindi al pensiero ed alle emozioni in primis.
Questa definizione ci pone davanti ad uno dei concetti più importanti, quasi paradossali, che ci tramanda la psicanalisi classica. Ovvero che l'inconscio può essere analizzato solo attraverso l'analisi dei meccanismi di difesa.
Non si può in alcun modo arrivare alla consapevolezza di qualcosa che di per sé è per definizione imperscrutabile. In poche parole quindi non si può avere consapevolezza dell'inconscio, ma solo di ciò che viene smosso dalle forze inconsce. Quindi della risultante.
Le dinamiche inconsce.
Quando ci riferiamo all'inconscio, come ho detto prima, parliamo classicamente di un gioco di forze.
Dobbiamo immaginare la nostra psiche come un sistema di forze ascendenti (dallo stomaco alla coscienza) che provano ad emergere per ottenere una soddisfazione ed una serie di meccanismi che servono per arginare o plasmare queste forze per renderle aderenti alla realtà o al contesto.
Nella psicodinamica, ovvero la scienza che (come suggerisce il nome) si occupa dello studio delle forze mentali, si possono trovare due assunti fondamentali, chiamati topiche. Queste spiegano bene la struttura ed il funzionamento della nostra mente tenendo conto di un modello che concepisce l'inconscio.
La prima topica: coscienza, preconscio, inconscio.
É la famosissima, inflazionatissima, teoria dell'iceberg. Una delle immagini più iconiche della psicologia, tanto utilizzata in vari contesti da diventare spesso assolutamente fuori luogo.
Fondamentalmente questa teoria vuole sottolineare come gran parte della nostra vita psichica sia fuori dalla nostra consapevolezza, sommersa e non raggiungibile.
Per quanto ciò che sta sotto l'acqua sia inconscio e non possa essere scoperto, questo ha una grande influenza su ciò che si trova all'aria aperta, alla consapevolezza, in quanto ciò che è sotto l'acqua sono le fondamenta del nostro essere.
Alla consapevolezza viene relegato un ruolo molto marginale, un'appendice che esce dall'acqua che sembra un banale isolotto.
Attraverso l'analisi può essere raggiunto ciò che si trova a pelo d'acqua, il preconscio. Invece le fondamenta dell'iceberg, gli oggetti inconsci che risiedono nel nostro intimo, saranno sempre nascosti a noi e ci influenzeranno potentemente.
Riassumendo quindi nella struttura mentale per la prima topica abbiamo un'ampia base inconscia, un terreno di confine preconscio e una superficie molto limitata cosciente.
La seconda topica: Es, Io, Super-Io.
Nella seconda topica, più che di struttura, possiamo parlare di giochi di forze. I tre attori in causa sono classicamente l'Es, l'Io ed il Super-Io (S.Freud,1923).
Contrariamente a ciò che si pensa nella psicologia del senso comune, che assegna all'Es l'unico ruolo di perturbatore inconscio, classicamente tutte e tre queste istanze sono inconsce, o comunque lo sono in buona parte. Vediamole un po' più nel dettaglio.
Es
E' il calderone pulsionale umano. E' un'istanza totalmente inconscia che opera secondo il principio del piacere, ovvero della soddisfazione immediata delle sue pulsioni, nel parlato potremmo dire delle sue voglie primordiali.
L'Es è a-temporale, ovvero non progredisce con la crescita individuale, le pulsioni inconsce sono e restano nella vita quelle del bambino piccolo.
Chiaramente queste pulsioni, se venissero soddisfatte senza mediazione, creerebbero un rapporto anti-sociale tra individuo e contesto, in quanto sono molto primitive e non a contatto con la realtà.
Io
E' l'istanza che media il rapporto tra le pulsioni inconsce dell'Es e la realtà.
L'Io è parzialmente inconscio e deve trovare il modo di arginare, trasformare, ammorbidire, la carica pulsionale dell'Es rispetto a ciò che percepisce del contesto sociale e delle sue regole. Questo si chiama Principio di Realtà.
L'Io argina le spinte dell'Es con i meccanismi di difesa inconsci. Questi sono più o meno efficaci o maturi, ovvero sono più o meno aderenti alla realtà stessa.
Faccio un esempio totalmente teorico di “filtraggio” di una ipotetica pulsione violenta:
Ad una pulsione violenta dell'Es posso rispondere con l'ironia (meccanismo di difesa molto evoluto) e trasformare la carica aggressiva in qualcosa che fa ridere, quindi in qualcosa di positivo e socialmente favorevole.
Qualora non avessi un sistema di filtro particolarmente evoluto, alla pulsione aggressiva, posso vivere una situazione come se l'altro mi perseguitasse e mi volesse fare del male (identificazione proiettiva, meccanismo di difesa poco maturo) e vivere una situazione di paranoia.
I meccanismi di difesa sono molti, questi sono soltanto due, ma come possiamo vedere, secondo questo modello, la situazione cambia radicalmente a seconda della maturità del mio Io.
Super-Io
L'istanza superegoica è maturata verso i cinque, sei anni, alla risoluzione del conflitto edipico. Non mi dilungherò su quest'ultimo aspetto, metto unicamente in luce il fatto che si tratta di un sistema parzialmente inconscio di credenze, valori, giudizi che alla base trovano il tabù dell'incesto.
Una persona con un Super-Io strutturato si ritrova con un'istanza morale che giudica le pulsioni dell'Es, da qui il senso di colpa.
Il conflitto
Vediamo come queste tre istanze sono composte da forze che agiscono contemporaneamente, con ruoli ed interessi diversi e che si pongono spesso in antagonismo l'una con l'altra.
Appunto per questo operano secondo una logica di conflitto che può snodarsi tra Es, Io, Super-Io, ideale dell'Io (non lo tratto in questo articolo) e realtà. Da tutto ciò emergono i sintomi psicologici, le emozioni, i pensieri, i sentimenti.
Se quindi parliamo di inconscio dobbiamo necessariamente appellarci ad una visione dell'uomo in perpetuo conflitto inconscio con sé stesso, un uomo quantomeno tripartito in varie parti che lottano secondo dei loro principi ordinatori.
La controversia: l'inconscio è paradossale.
La mia psicoterapia non si occupa primariamente dei meccanismi di difesa e non possiede un modello scientifico che tiene conto dell'inconscio.
I Cognitivisti spesso si pongono in modo estremamente scettico nei confronti delle teorie che fanno leva su questo tipo di costrutto, per un semplice motivo: non è falsificabile. E' praticamente impossibile, al giorno d'oggi, sottoporla ad una smentita. Quindi può essere visto più come una credenza che come un vero e proprio costrutto scientifico.
Personalmente mi allineo abbastanza alla critica cognitivista, penso che la lacuna principale del concetto di inconscio sia la sua intrinseca non-conoscibilità e questo chiaramente lo rende molto ambiguo.
Tuttavia chi fa clinica si rende velocemente conto che molti meccanismi mentali descritti dagli psicanalisti (le libere associazioni, certi lapsus, i meccanismi di difesa) esistono eccome ed hanno un peso nella prassi terapeutica.
La psicologia dell'inconscio secondo me è una base culturale fondamentale per qualsiasi clinico. Lo psicoterapeuta la deve tenere lì su uno scaffale a portata di mano, come un libro che ogni tanto può aprire e consultare.
Come ogni tema che non si può negare è necessario prenderlo senza estremismi che non portano a nulla, evitando da un lato la fede cieca, dall'altro il negazionismo. Quindi le si può credere in differenti misure.
BIBLIOGRAFIA
S.Freud "L'Io e l'Es" (1923) In Opere vol.IX Torino, Bollati, Boringhieri,1976-1980
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